CACCIA in UMBRIA: PARADOSSI & ASTRUSITA’

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La tempesta infernal che mai non resta, cala ancora una volta sulla Venaria italiana e, in special modo su quella della nostra regione. Da sinistra e da destra, gli Uomini dei Boschi hanno aspettato invano di leggere il proprio Calendario venatorio pubblicato sul BUR prima della metà di giugno. Ma, in odore di apertura delle danze e prima della caduta del solleone, essi già si preparano per il rituale. Mentre accarezzano il proprio Fido, rimirano le munizioni, lucidano il mirino della doppietta messa a riposo e contano i soldini per rinnovare ancora una volta la loro “licenza” che solo se pagata nei termini di legge, darà adito al rinnovo delle proprie emozioni. Governano e lucidano i loro feticci. E intanto sognano. Ma qualcuno, all’ ombra della propria protervia, trama per guastar loro la festa, consapevole com’ è che non è con i referendum che riuscirà mai a interrompere loro il diritto acquisito con “sudore, esami & pecunia”. Lo sanno bene gli ambientalisti che ordiscono queste imboscate sfruttando l’ insipienza e il disinteresse delle amministrazioni e della politica. Intanto quest’ ultima, più o meno consapevolmente, aiuta la tresca: chi allunga i tempi di pubblicazione del Calendario sul BUR, oltre a violare spudoratamente la legge, lo sa. O lo dovrebbe sapere! Ma tutti tacciono su questo tasto. A conferma che la politica partitica mal si coniuga con quella squisitamente venatoria. E così le “sospensive cautelative del prelievo” comminate dai TAR finiscono ogni anno col penalizzare solo coloro che pagano. Segno che chi dispone, le regioni, guardano il dito e non la luna! Ma andiamo per ordine. L’ art. 18.- è uno dei 33 postulati che compongono la L. 157/92. E come tale va rispettato. Senza se e senza ma. Le amministrazioni sono tenute a osservarne le tempistiche indicate, cosicché, in caso di ricorso, si possa evitare di limitare i diritti di chi paga: i cacciatori. A questo punto c’ è da chiedersi: perché modificare in fretta e furia un postulato tanto puntuale, agghindandolo di orpelli pericolosi e costituzionalmente attaccabili? Meglio sarebbe stato rivedere l’ intera riforma, ormai 33nnale, ma senza buttare il bimbo assieme all’ acqua sporca. Caccia sì, caccia no; a alcune specie sì, a altre no. Poi ancora no e subito dopo sì. Ricorsi & imboscate arrivano puntuali sul gobbo degli appassionati del bosco. Ci si sono abituate perfino le regioni. E allora: giù con i contro/ricorsi! Per poi scacarellarsi e cedere le armi. E’ successo anche nella terra di San  Francesco. Tali astrusità & paradossie si mescolano fra loro, creando all’ interno della Venaria, un vero e proprio inferno. A casa nostra, è la politica dei neo eletti che, adesso, cavalcando il frichendò del Campolargo, pone 5 Stelle e Verdi Sinistra al comando. Così, se fino a oggi eravamo andati male perché nessuno dei governi Umbri di c/destra o di c/sinistra si è mai alzato alle 5 per andare a caccia, adesso ci troviamo  sul gobbo gente di c/sinistra che, per sensibilità partitica o per mera tradizione, ha per  statuto il divieto assoluto di praticare la caccia. Amen. A proposito di astrusità e paradossi. Cacciatori! – udite! udite! –. Da oggi guardatevi bene le spalle, perché sono ormai anni che le sassate arrivano da tutte le parti. Basta vedere con quale rassegnazione si pone all’ interno del palinsesto nazionale l’ ormai sgangherata cabina di regia delle associazioni venatorie che pur se riconosciute, risultano del tutto inesistenti. Nascosti dietro i loro blasoni ormai arrugginiti, i dirigenti pro/tempore guardano lontano e cercano strapuntini che permettano loro di continuare il racconto di una favola ormai inacidita e alla quale non crede più nessuno. E’ arrivato il tempo di rifondare la caccia. E noi di CONFAVI intendiamo incominciare dall’ Umbria.

Sergio Gunnella – ACR/CONFAVI UMBRIA